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Quando conviene la cedolare secca sugli affitti?


Sono sempre più numerosi i proprietari di casa che, al momento della registrazione del contratto di locazione, optano per la cedolare secca. La scelta è facoltativa e discrezionale e verte ovviamente su ragioni di convenienza economica. La prima domanda da farsi quindi è: a chi conviene la cedolare secca?

Cedolare secca, come funziona: aliquote e requisiti
Sappiamo che la cedolare secca è un’imposta fissa al 21% (10% se viene applicato il canone concordato in Comuni con carenze abitative) che sostituisce il versamento dell’Irpef e di tutte le altre addizionali comunali gravanti sui redditi da locazione. Optando per il regime di cedolare secca si viene esonerati anche dal pagamento delle imposte di bollo in caso di registrazione o cancellazione del contratto. Possono optare per la cedolare secca tutte le persone fisiche titolari di proprietà (o di diritto reale di godimento) di un immobile locato a scopo abitativo e non anche per l’esercizio di attività di impresa o di arti e professioni (quindi negozi o studi professionali).
Ricapitolando quindi chi opta per la cedolare secca non paga:
l’Irpef (e le relative addizionali sul reddito da affitto); – l’imposta di registro; – l’imposta di bollo; – l’imposta di registro dovuta in caso di risoluzione o proroga della locazione. – l’imposta di bollo sulle risoluzioni e proroghe della locazione.
Cedolare secca, quando conviene rispetto al regime ordinario Mettiamo a confronto i due regimi di locazione per calcolare la convenienza nei casi specifici. Per quanto riguarda il regime ordinario, la spesa più importante é senza dubbio quella dell’IRPEF: lo scaglione più basso (fino a 15.000 euro), è tassato al 23%. A conti fatti la cedolare secca conviene: – ai proprietari che ha hanno altri redditi sottoposti a tassazione irpef. Più sale il reddito diverso dall’affitto più aumenta l’aliquota Irpef fino al 43%; – per contratti d’affitto a canone concordato; La cedolare secca invece potrebbe non convenire: – Quando si prevede un aumento dell’inflazione durante il periodo di validità del contratto visto che non si può inserire l’adeguamento Istat; – Quando non si hanno altri redditi oltre a quelli provenienti dall’affitto di uno o più immobili. Optando per la tassazione Irpef è infatti possibile accedere a detrazioni d’imposta sulla prima parte del reddito e a deduzioni di vario genere (ad esempio spese mediche, detrazioni per ristrutturazioni e riqualificazione energetica degli edifici) che invece non si applicano alla cedolare secca; – Se il contratto è libero, visto che, sotto una determinata soglia di reddito, la tassazione Irpef è inferiore al 21%;
Cedolare secca, canone libero e concordato: quale conviene
Il Piano Casa 2014 approvato dal Governo Renzi ha abbassato ulteriormente la cedolare secca per i contratti d’affitto a canone concordato della durata di tre anni + due dal 15% al 10% (fino al 2017). Detto così la convenienza sembrerebbe scontata ma a conti fatti non sempre lo è. La questione sta nel capire se il risparmio che si ottiene dalla riduzione della cedolare secca va a compensare lo sconto sul canone di affitto che ragionevolmente si fa all’inquilino.
Aggiornamenti e chiarimenti in sede... IdeaCasa Vimercate Via Mazzini 66
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